Le due Fonti della Morale e della Religione
Saggistica- Data uscita
- Luglio 2021
- Condizioni
VERY FINE ma dorso ingiallito e copertina scurita( V. Scansione)- Copie disponibili
- solo una copia
- Pagine
- 272
- Venduto da
- BCLibri
bclibri@delosstore.it
- Autore
- Henri Bergson
- Collana
- Saggi di Cultura Contemporanea n. 105
Edizioni di Comunità 1973 - Genere
- Saggi
Attraverso la morale e la religione l'uomo si avvicina al più alto slancio creatore, fino a coincidere almeno in parte con esso. Punto culminante del suo pensiero, per quest'opera fu scritto che " Bergson, come Platone, libera la filosofia dalla servitù del vocanolario".
Quinta Edizione gennaio 1973 - Brossura
LA QUARTA
Apparsa solo nel 1932, nove anni prima della morte di Bergson, quest'opera è l'ultima del filosofo francese, che vi affrontò il problema etico-religioso. Bergson approdò alla considerazione dell'attività mistica nella corrente dell'analisi della vita psicologica, naturale coronamento del cammino iniziato con l'« Essai sur les donnés immédiates de la conscience », che è del 1889. Ma « Les deux sources de la morale et de la religion » si riallaccia più direttamente all'« Evolution créatrice » (1907) appunto in quanto la morale e la religione rappresentano per Bergson i due aspetti dell'attività umana che partecipano in maggior misura dello « slancio creatore ». Se, infatti, la norma etica e religiosa ha una radice sociale e una motivazione utilitaristica, intesa com'è alla conservazione della società « chiusa » — che può sussistere « soltanto per mezzo di una religione nata dalla funzione tabulatrice » — esiste per Bergson anche una norma derivante da uno « slancio d'amore ». È questa la religione dinamica, quella che il filosofo definisce « misticismo », inteso però come attività e non come contemplazione. Particolare interesse presentano le « Osservazioni finali », nelle quali è considerata la funzione della mistica come veicolo dell'affrancamento dell'uomo dalla tecnica, lanciata « per un incidente di scambio... su una via al termine della quale stavano il benessere esagerato e il lusso per un certo numero piuttosto che la liberazione per tutti ».
QUARTA DALL'EDIZIONE DEL 2017«In realtà, se fossimo sicuri, assolutamente sicuri di sopravvivere, non potremmo più pensare ad altro. I piaceri sussisterebbero, ma offuscati e sbiaditi, perché la loro intensità sarebbe solo l'attenzione da noi fissata su di essi. Impallidirebbero, come la luce delle nostre lampade al sole del mattino. Il piacere sarebbe eclissato dalla gioia. Gioia sarebbe in realtà la semplicità di vita sparsa nel mondo da un'intuizione mistica diffusa: gioia anche quella che seguisse automaticamente a una visione dell'aldilà in una esperienza scientifica ampliata. In mancanza di una riforma morale così completa bisognerà ricorrere a espedienti, sottomettersi a una "regolamentazione" sempre più invadente, aggirare a uno a uno gli ostacoli drizzati dalla nostra natura contro la civiltà. Ma, sia che si opti per i grandi o per i piccoli mezzi, una decisione si impone. L'umanità geme, semischiacciata dal peso del progresso compiuto. Non sa con sufficiente chiarezza che il suo avvenire dipende da lei. Spetta a lei vedere prima di tutto se vuole continuare a vivere; spetta a lei domandarsi in seguito se vuole soltanto vivere, o fornire anche lo sforzo affinché si compia, persino sul nostro pianeta refrattario, la funzione essenziale dell'universo, che è una macchina per produrre dèi».