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Vestire gli Ignudi-L'altro Figlio-L'uomo dal fiore in Bocca

Antologia personale


Data uscita
Febbraio 2015
Condizioni
 
very fine legenda
CONDIZIONI PERFETTE ma con molte fioriture su copertina, prime e bordi pagiine -
Copie disponibili
solo una copia
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bclibri@delosstore.it
Autore
Luigi Pirandello
Collana
Oscar n. 231
Mondadori 1969
Genere
Teatro

Un un unico volume (Oscar N. 231 ) tre classici del grande drammaturgo, con la cronologia della vita di Pirandello e dei suoi tempi e la sua bibliografia

da wikipedia
VESTIRE GLI IGNUDI
Vestire gli ignudi è una commedia di Luigi Pirandello scritta tra l'aprile e il maggio del 1922. Fu rappresentata per la prima volta al Teatro Quirino di Roma il 14 novembre 1922 ad opera della Compagnia Maria Melato e Annibale Betrone.

Trama
Il dramma è la storia di chi sentendosi nudo, di per se stesso giudicandosi insignificante, si riveste dei panni, fossero pure sporchi e laceri, che gli altri gli fanno indossare.
È la storia di Ersilia che sentendosi niente, per essere qualcosa, accetta di essere quella che gli altri hanno voluto che fosse.
Quando era governante in casa del console Grotti, a Smirne, Ersilia si era fidanzata con il tenente di vascello Franco Laspiga che in seguito la lascerà. Il console approfitterà del suo desolato stato d'animo per avere un rapporto sessuale con lei che non si accorgerà che la figlia del console, non più sorvegliata, sale su una sedia e precipita da una terrazza morendo. La madre della bambina scaccerà Ersilia che si ritrova in strada, ossessionata dal rimorso per la morte della bimba, e, quasi per accentuare il ribrezzo che ha di se stessa, si concede al primo passante e quindi decide d'avvelenarsi.
Ricoverata in ospedale, sicura di morire, vuole lasciare di sè un ricordo romantico meno disonorevole della realtà da lei vissuta e racconta di essersi avvelenata perché abbandonata dal suo fidanzato. La sua storia finisce su un giornale suscitando commozione e partecipazione del pubblico alla sua tragedia.
Anche il tenente di vascello, che sta per sposarsi, abbandona la sua fidanzata e si offre ad Ersilia, rimasta viva, per riparare il torto fattole. Il console stesso, da una parte smentisce quello che raccontano i giornali, ma nello stesso tempo vorrebbe riaverla come amante.
Laspiga scopre che la giovane è stata l'amante del console e ora l'accusa di essere una prostituta facendole perdere il compatimento di chi provava pietà per lei: ora tutti la giudicano una poco di buono, colpevole della morte di una bambina.
Nessuno più crede alla sua romantica storia ed anche Ersilia è stanca di condurre una vita secondo quello che gli altri pensano di lei.
Decide quindi di avvelenarsi una seconda volta per rimanere definitivamente nuda ma senza i vestiti di altri. Dirà rivolgendosi al Laspiga e al console:
«Andate, andatelo a dire, tu a tua moglie, tu alla tua fidanzata, che questa morta - ecco qua - non s'è potuta vestire»

L'ALTRO FIGLIO
L'altro figlio è una commedia di Luigi Pirandello tratta dall'omonima novella del 1902. Non si conosce la data della composizione del dramma che fu rappresentato al Teatro Nazionale di Roma il 23 novembre del 1923 ad opera della Compagnia Raffaello e Garibalda Niccòli.

Trama
Ancora una volta Pirandello tratta un tema a lui molto caro: quello della maternità. Il sottofondo storico della commedia è rappresentato dal fenomeno della grande emigrazione meridionale e siciliana nei primi anni del Novecento.
Maragrazia, umile donna del popolo di un paese siciliano, vedova e ridotta a mendicare, soffre perché non riceve notizie dei due figli emigrati in America e ormai dimentichi, per la ricchezza raggiunta, della loro stessa madre. Scrive loro tramite un'amica, che in seguito l'abbandonerà, di essere disposta, per invogliarli a tornare, a donar loro lo stesso casale di poco valore dove lei abita; ma i figli neppure rispondono.
Con lei vive un altro figlio, sinceramente affezionato, buono, con una bella famiglia e una bella casa. Egli vorrebbe prendersi cura di lei, ma la donna non lo considera veramente suo. Infatti questi è il frutto di uno stupro che la donna ha dovuto subire da parte di un brigante, lo stesso che uccise suo marito.
Maragrazia si rende conto che proprio questo figlio non voluto meriterebbe quell'affetto che lei riserva invece ai figli lontani diventati dei criminali e ingrati con la povera madre ma sente di non poter cambiare il suo affetto perché «è il sangue che si ribella», tanto è forte il legame naturale e materiale che sovrasta ogni sentimento e il disgusto per l'uomo che uccise il marito e la mise incinta

L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA
L'uomo dal fiore in bocca è un atto unico di Luigi Pirandello, perfetto esempio di un dramma borghese nel quale convergono i temi dell'incomunicabilità e della relatività della realtà. Fu rappresentato per la prima volta il 24 febbraio del 1922 al Teatro Manzoni di Milano. È un colloquio fra un uomo che si sa condannato a morire fra breve, e per questo medita sulla vita con urgenza appassionata, e uno come tanti, che vive un'esistenza convenzionale, senza porsi il problema della morte. Pirandello, anche in questo caso, trasse il testo teatrale da una novella scritta anni prima e intitolata "La morte addosso".

Trama
Il protagonista è un uomo malato di tumore e prossimo alla morte; questa sua situazione lo spinge a indagare nel mistero della vita e a tentare di penetrarne l'essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e una collocazione diversa. L'altro personaggio è un avventore del caffè della stazione, dove si svolge tutta la scena; un uomo qualsiasi, che la monotonia e la banalità della vita quotidiana hanno reso scialbo, piatto e vuoto a tal punto che il dialogo tra lui e il protagonista finisce col diventare un monologo, quando quest'ultimo gli rivela il suo terribile segreto.